Disciplina fiscale buoni pasto 2024

I buoni pasto sono definibili come titoli di pagamento che possono essere spesi soltanto per l’acquisto di beni alimentari.

Essi vengono definiti, dall’articolo 2 del D.M. 122/2017, come “documenti di legittimazione che attribuiscono al titolare il diritto ad ottenere il servizio sostitutivo di mensa, per un importo facciale del buono”.

I buoni pasti rientrano tra le cosiddette iniziative di welfare aziendale e possono essere erogati dal datore di lavoro ai propri dipendenti (con contratto full-time o part-time) così come a chi dispone di un contratto di collaborazione. Fanno dunque parte del pacchetto retributivo e le aziende pubbliche e private li possono erogare in mancanza del servizio di mensa aziendale.

Questi ticket possono essere utilizzati presso diversi esercizi convenzionati (supermercati, bar, ristoranti) e sono suddivisibili in tre categorie.

- Buoni pasto cartacei: si tratta dei comuni ticket restaurant in circolazione da molti anni. In questo caso, in genere, i buoni pasto devono essere

firmati dall’intestatario al momento dell’utilizzo.

- Buoni pasto digitali: si possono utilizzare tramite app e svincolano l’acquirente dal pagamento fisico.

- Buoni pasto elettronici: solitamente distribuiti tramite carte prepagate, hanno un massimale simile ai buoni pasto cartacei

Ogni dipendente ha diritto a un buon pasto per ciascun giorno lavorato e può essere erogato anche quando l’orario di lavoro non prevede la pausa pranzo. Chi ha un contratto part time, invece, ne può usufruire soltanto se svolge attività lavorativa in un orario compatibile con quelli di pranzo o cena, oppure se la distanza casa-lavoro non consente di consumare il pasto all’interno della propria abitazione.

Il rilascio di buoni pasto rappresentano un’opzione vantaggiosa sia per le aziende che per i lavoratori.

Per i lavoratori il benefit che ricevono in busta paga non è soggetto ne a tassazione ne a oneri previdenziali. Un buono pasto rappresenta, inoltre, un sostegno significativo al reddito personale: permette ai lavoratori che devono consumare i pasti fuori casa di risparmiare sulle spese per l’acquisto di cibo e di destinare risorse maggiori al budget di famiglia.

Le imprese, da par loro, risparmiano sulle tasse, grazie alla deducibilità dalle imposte prevista dalla legge, risparmiano sui costi legati alla pausa pranzo, dovrebbero ricevere dai lavoratori una maggiore soddisfazione e un conseguente incremento della produttività.

 Buoni pasto e fiscalità: le norme in vigore

L’articolo 4 del D.M. 122/2017 esplicita prima di tutto alcune caratteristiche dei buoni pasto, che non possono essere ceduti, commercializzati, convertiti in denaro e cumulabili oltre il limite di 8 euro. Essi possono essere  utilizzati soltanto dal titolare ed esclusivamente per l’intero valore facciale.

Per quanto riguarda detraibilità e deducibilità le società titolari di partita IVA possono dedurre al 100% i costi sostenuti per l’acquisto degli stessi a condizione che questi vengano erogati alla generalità o a categorie di dipendenti.

L’IVA, con aliquota al 4%, è interamente detraibile per quanto riguarda i buoni pasto elettronici, mentre non è detraibile per i buoni cartacei.

Anche dipendenti e collaboratori beneficiano di vantaggi fiscali. I buoni pasto, come previsto dall’art.51, comma 2, lett.C, TUIRI, non concorrono alla formazione del reddito da lavoro dipendente o assimilato e, pertanto, non contribuiscono alla determinazione della base imponibile contributiva fino al limite giornaliero di 8 euro per i buoni pasto digitali e 4 euro per i buoni pasto cartacei. Per la parte eccedente concorreranno a tassazione in busta paga.

 

Esempio

Un lavoratore ha ricevuto buoni pasto elettronici dal datore di lavoro del valore di € 10 per ogni giorno effettivamente lavorato;

Per il lavoratore soltanto € 2 (giornalieri) sconteranno la tassazione in busta paga ai fini Irpef.

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